LA SALA CAVALIERI

   

Sala Cavalieri di Palazzo Ridolfi

 

La sede staccata del Liceo Statale Carlo Montanari di Verona, locata in Palazzo Ridolfi a Stradone Maffei n. 3,  possiede al suo interno una Sala davvero speciale e prestigiosa, affrescata da uno dei più importanti pittori manieristi del 1500 di Verona, Domenico Brusasorzi (Verona1516 – Verona1567).

In questa sezione del sito del Liceo C. Montanari potete avere alcune informazioni sulla sala e sul fregio dipinto che descrive un evento storico importantissimo del 1530, l'incoronazione in San Petronio a Bologna di Carlo V da parte del Papa Clemente VII.

  

PALAZZO RIDOLFI - DA LISCA

  

Datato 1545, viene tradizionalmente attribuito a Bernardino Brugnoli, (1538–1585), architetto, ingegnere, cartografo ed idraulico veronese, nipote dell’architetto Michele Sanmicheli, la cui impronta rimane nelle opere del nipote e del quale, Bernardino, prosegue alcune opere rimaste incompiute (Chiesa di Madonna di Campagna, cupola e campanile di San Giorgio in Braida , campanile del Duomo). Il palazzo venne in seguito modificato con la costruzione del secondo piano, voluta dai Da Lisca, e con l’ampliamento, nel XIX sec., dell’ala, dove sono attualmente collocate le palestre, che forse ricoprì il giardino.

Nella primavera del 1797 nel palazzo si riunì il Consiglio di guerra francese che condannò alla fucilazione a Porta Nuova, i martiri delle Pasque Veronesi.

Distrutta la copertura da razzi incendiari nella notte del 23 febbraio 1945 durante la II guerra mondiale, si salvò il salone centrale affrescato da Domenico Riccio detto il Brusasorzi (Verona 1514? – 1567). 

Nel 1952, nell'ambito del ripristino post-bellico, il salone, il cui soffitto era stato distrutto, fu ricoperto da due soffitti carenati in legno del tardo Quattrocento, prelevati da casa Scopoli, in vicolo B.go Tascherio. Nell'adattare la nuova copertura circa 50 cm di affresco viene coperto in alto senza alterare troppo la composizione.

  

PLANIMETRIA SALA CAVALIERI AFFRESCATA DA DOMENICO BRUSASORZI

La sala (Fig. 1 planimetria della sala) ha una forma irregolare, i due lati lunghi non sono infatti della stessa misura m. 12,80 uno e l’altro m 13,40 e così i lati corti sono m. 6,60 e m 7,40 la parete di di fondo ma questa irregolarità viene attutita visivamente grazie alla presenza di un magnifico camino posto in fondo alla sala con cappa dorata a stucchi e tra volute e cartigli al centro, la dea Venere a grandezza naturale, affiancata da amorini opera di Bartolomeo Ridolfi scultore di grande fama della seconda metà del 1500 che collaborò con Paolo Veronese e Andrea Palladio (Fig. 2). Sotto il fregio del Brusasorzi, specchiature di finto marmo con cornice di mascheroni.

  

  

Lato lungo a destra dell'ingresso

1 – Alfieri e Gonfalonieri di Bologna con insegne, il podestà di Bologna e gli alabardieri e un cavaliere col vessillo Libertas dei mercanti

2 – un cavalieri col vessillo della città di Roma (SPQR), il conte Rongoni con il vessillo della chiesa. Un giovane nobile con il vessillo Imperiale e aquila bicipite, Alessandro dei medici con il vessillo del Papa Clemente VII, palafrenieri che conducono le chinee  ponteficie, 4 camerieri d’onore sostengono 4 cappelli pontificali

3 – trombettieri a cavallo con drappelle imperiali , diacono pontificio con piviale, cappello e croce e tre chierici con lanterne e triregno papale.

   

Lato corto sulla porta d’ingresso

4 – nobili con torce precedono il SS sacramento chiuso in una teca collocata sul dorso di un cavallo mentre nobili bolognesi sostengono il baldacchino, un arcivescovo segue su una mula il SS Sacremento

5 – il grande Araldo di Bologna a cavallo sparge le monete d’oro e d’argento, con l’effige di Carlo V al popolo, guardato dai cardinali 

  

Lato lungo a sinistra di chi parla

6 – Bonifacio marchese di Monferrato con lo scettro imperiale, il Duca di Urbino con la spada imperiale, Carlo III di Savoia con la corona e Filippo di Baviera con il globo imperiale, gruppo di alabardieri. Sotto il baldacchino  sostenuto da 40 senatori bolognesi, a cavallo Carlo V con la corona appena ricevuta, Clemente VII con il triregno

7–8  Camerieri segreti e a cavallo Enrico di Nassan con le insegne del Toson d’oro e poi arcivescovi, vescovi, prelati, trombettieri imperiali a cavallo . Soldati a cavallo Antonio Populier con armatura da parata su cavallo bardato a seguire Antonio di Leyva capitano sofferente per la podagra portato su una sedia con ufficiali e pezzi di artiglieria.

  

Lato corto sul camino

9-10 –  a sinistra del camino baldoria di popolani sotto le insegne imperiali con il particolare di una donna che vomita e nel cartiglio sopra la finestra la scena monocroma di una battaglia, a destra spiedo e bue ripieno di polli e sopra un secondo cartiglio con antica battaglia monocroma.

  

Fig. 2 - il camino della sala Cavalieri opera di B. Ridolfi

  

 L'AFFRESCO - LA STORIA NARRATA PER IMMAGINI

particolare della Cavalcata con Carlo V e Clemente VII

  

I protagonisti del Fregio affrescato di Domenico Brusasorzi sono  Carlo V d’Asburgo, uno dei più grandi sovrani della storia moderna e Clemente VII papa Medici e Il sogno di una monarchia universale. Il possente affresco di Domenico Brusasorzi riproduce uno dei più vistosi avvenimenti del 1500, quella incoronazione da parte del Papa, venuto appositamente da Roma con tutta la sua corte. Una cerimonia tanto insolita ed importante che si doveva completare con una sfilata a cavallo tra le vie di Bologna, per ampliarne ancora più l’eccezionale eco. Carlo aspirava a realizzare il suo motto il Plus Ultra, ovvero il desiderio di estendere i confini dell’impero oltre ogni limite e diventare GOVERNATORE UNIVERSALE.  Il suo impero era così vasto che si diceva che su di esso non tramontasse mai il sole, El que nunca se pone el sol.

  

lo stemma di Carlo V con il motto "Plus Ultra"

   

La cerimonia fu organizzata a Bologna perchè a Roma era troppo fresca la ferita del "Sacco di Roma" del 1927. Le truppe dei Lanzichenecchi, infatti, (landsknecht, soldati del contado) rimaste prive di rifornimenti, senza paga da mesi e senza comando per la morte di Carlo di Borbone, avevano la necessità di trovare di che sfamarsi. La loro brutalità in guerra era terribile! Erano in circa 10.000, tutti luterani e venuti in Italia per abolire il potere pontificio. Si precipitano a Roma mettendola a ferro e fuoco. Il sacco durò diversi mesi e fu davvero catastrofico per le cose egli abitanti e Clemente VII dovette riparare (fino al febbraio del 1528) in Castel Sant’Angelo. Bologna venne trasformata per l'incoronazione in una Roma in festa! Fu particolarmente impegnativa per Bologna la permanenza dall'autunno del 1529 ai primi mesi del 1530 di papa Clemente VII e di Carlo V per la cerimonia dell'incoronazione, segnata da diversi momenti di solennità pubblica con una coreografia studiata e rituali per ogni occasione. Vennero chiamati i più capaci architetti, gli artisti, i pittori, gli artigiani più validi per costruire le strutture e gli apparati che dovevano imitare pietre e marmi preziosi. Le strade furono coperte di veli tesi fra le facciate delle case, furono adornate di statue, di fontane che gettavano vino, dal significato allegorico. Davanti a San Petronio venne costruito un palco sopraelevato collegato con un lungo pontile che raggiungeva un varco praticato tagliando una finestra del piano nobile del Palazzo Pubblico per consentire a Carlo V e al suo seguito di accedere direttamente alla piazza dagli appartamenti a lui riservati. Sul palco vennero erette anche due cappelle.

  

Era il 24 Febbraio 1530

In San Petronio a Bologna,  Carlo V prima indossò gli abiti da canonico di quel Capitolo, poi, nella cappella dedicata a San Gregorio magno, li sostituì con altri arredi, tra i quali un piviale preziosissimo che raffigurava l'aquila nera bicipite tra le due colonne d'Ercole recanti il suo motto «PLUS ULTRA». Quindi, unto con l'olio santo, ricevette la corona e le insegne di universale dominio sui popoli cristiani, e fece il giuramento solito di difendere i possessi e diritti della Chiesa romana e del papa. Dopo la cerimonia, tra gli altri numerosi festeggiamenti in onore dei Sovrani, si fece la famosa cavalcata, al cui confronto l'imponente corteggio che aveva accompagnato l'imperatore in chiesa doveva apparire niente più del seguito di un piccolo principe, una cavalcata splendidissima al punto da riempire di meraviglia i cortigiani del tempo, benché avvezzi alle sfarzose e frequenti feste delle Corti italiane, prima di tutte la papale. Si vide infatti con la massima pompa, sotto il baldacchino sorretto da Senatori di Bologna, il papa cavalcare alla destra dell'imperatore, e intorno ad essi in lunghissima sfilata, oltre tutti i componenti del precedente corteggio, disposti in ordine esatto di precedenza, un gran numero di prelati e dignitari ecclesiastici, di inviati di Stati vassalli, di rappresentanti del Comune, accompagnati da tutte le milizie a cavallo in piena parata, con abiti, ornamenti e arredi sontuosissimi.

Al termine della cerimonia il corteo raggiunse la chiesa di San Domenico poi ritornò a Palazzo Pubblico. Si arrostì in piazza un enorme bue farcito di agnelli, di lepri, di capponi e di galline, mentre dal Palazzo venivano gettati al popolo cibi e dolciumi. Fra tanta ressa si registrò il crollo del pontile che collegava il Palazzo Pubblico con la Basilica di San Petronio appena fu passato Carlo V. Ci furono morti e feriti che si andarono ad aggiungere ai soldati spagnoli uccisi in agguati notturni o nel corso di risse. Morì a Bologna anche il soldato più alto che Carlo V si portava appresso come un fenomeno vivente (era alto sette piedi bolognesi, pari a 2,68 metri).

Carlo V e Clemente VII sotto il baldacchino 

  

"L’Imperatore Carlo V è il cardine intorno al quale si realizza la più spettacolare svolta della storia moderna. Tale svolta si riflette prima ancora che nella sua politica nella sua stessa immagine".

Salvador de Madariaga, Storico spagnolo(1886-1978).

«Altro non si vedeva che arrivare principi, signori, prelati et cortigiani, et da ogni lato gli artefici in fretta lavorare tanto il giorno quanto la notte». Così Leandro Alberti ricorda, a pochi anni di distanza, l'accalcamento di cose e persone, il clima che si respirava Bologna durante i cinque mesi che vedono Clemente VII e Carlo V riuniti in occasione dell'incoronazione imperiale, nel febbraio del 1530.

L. Alberti, Historie di Bologna (1479-1541), a cura di A. Antonelli, M.R. Musti, Costa Ed., Bologna 2006, vol. II, p. 573.

  

IL FREGIO AFFRESCATO DA DOMENICO RICCIO DETTO IL BRUSASORZI  

Domenico Riccio detto il Brusasorzi

  

Domenico Riccio detto il Brusasorzi (1494 -1567) è stato un pittore italiano di stile manierista, proveniente da Verona ma la famiglia di origine lombarda. Innovatore della pittura veronese del Cinquecento viene considerato il precursore di Paolo Veronese.  Dopo avere avuto i primi insegnamenti dal padre Agostino (col quale convisse nella contrada di S. Stefano a Verona), fu allievo di Giovan Francesco Caroto. Pur restando legato alla scuola veneziana, forti furono le influenze di Giulio Romano e Primaticcio. Nel 1543 compare per la prima volta l'appellativo di Brusasorzi negli atti della locale Accademia Filarmonica (di cui divenne pittore ufficiale). Dal 1551 prestò la sua opera nel Municipio di Tento, di cui portò a compimento le decorazioni e gli affreschi. Nel 1556 lavorò ad una serie di decorazioni nel Palazzo Vescovile di Verona. Dopo questi lavori dipinse La cavalcata di Cavalcata di Carlo V e Clemente VII nel Palazzo Ridolfi, quindi la Madonna in gloria e due santi per la chiesa di San Pietro Martire a Verona nel 1556. Sue opere ed affreschi si conservano anche nella Chiesa di S. Maria in Organo, Palazzo Bevilacqua e nella Galleria degli Uffizi. Il fregio in “Sala Cavalieri” viene eseguito nel 1565 e A Verona, innamorata del genere dei fastosi trionfi romani, questo affresco riscosse un gran successo e fu imitato largamente nel tardo ‘500. Ricordiamo l'opera di Jacopo Ligozzi  (1543-1606) a casa Fumanelli in S. Maria in Organo, un trionfo di Carlo V e Clemente VII strappato e da poco esposto al Museo degli Affreschi di Verona.

Fu lodato addirittura da Giorgio Vasari. Da sottolineare che questo affresco descrive un fatto storico realmente accaduto. 

Il tema del trionfo fu il tema privilegiato di molti artisti. In questa sala quasi 40 metri di affresco, 3 lati con la cavalcata e la parete di fondo scene di giubilo del popolo che festeggia l’evento con mangiate pantagrueliche. L'aspetto ancora oggi più interessante di questo affresco, oltre alla sua bellezza cromatica e all'impianto narrativo di indubbia efficacia, è costituito dal fatto che si tratta di un'opera “compromettente” in quanto mostra le simpatie imperiali della potente famiglia veronese dei Ridolfi, in un'età nella quale Venezia consolidava la sua signoria su Verona. Ma i Ridolfi non erano i soli ad essere filo-imperiali fra la nobiltà veronese, questa malcelata simpatia imperiale condivisa dalla parte più consistente della nobiltà veronese. Brusasorzi da fotoreporter in differita di 35 anni racconta l’evento senza raffigurare Bologna e la sua scenografia ma scegliendo di focalizzare l’attenzione sul corteo.

 

L'interpretazione di Jacopo Ligozzi della Cavalcata di Carlo V e Clemente VII sotto il baldacchino

  

Per realizzare il fregio si servì di una grande incisione stampata negli anni 30 del ‘500 da Nicola Hogenberg, descrittiva della cavalcata e rispondente alla cronaca dell’avvenimento scritta da Enrico Cornelio Agrippa (storiografo di Carlo V) che Brusasorzi può aver letto.

Un frammento dell'incisione Nicolaus Hogenberg del 1531 con la Cavalcata

    

LO STILE DEL FREGIO

Domenico Brusasorzi possiede uno stile molto elegante e delicato con ingegnoso gioco cromatico di gamme fredde lievi e smorzate che lo ha reso famoso. Se nella composizione, infatti, si risente molto l’influenza delle incisioni da cui ha tratto documentazione dell’evento la linea di contorno esprime un certo guizzo, nel colore mostra una personalità ben definita e una tavolozza tutta sua avvicinabile forse a quella del manierista fiorentino Pontormo. Nastro pittorico senza soluzione di continuità  l’artista utilizza la tecnica ad affresco ottenendo la Monumentalità delle figure resa grazie all’accorgimento del punto di vista ribassato per cui i piedi e gli zoccoli poggiano direttamente sulla cornice di stucco che delimita la base dell’affresco.

Il racconto della cavalcata diventa concitata, in alcune parti, coinvolgendo l’osservatore e le masse di colore si distribuiscono diagonalmente alla direzione del corteo. Il pittore non ci raffigura la città di Bologna nemmeno paesaggi o architetture, sottolineando esclusivamente la ricchezza del corteo e ponendo i protagonisti in primo piano amplificandone l’importanza. Il fregio si snoda alternando momenti di quiete e ufficialità a momenti di vivacità compositiva di dinamicità delle figure e i cavalli sono protagonisti dei due momenti assumendo posizioni salde e solenni o imbizzarrendosi e assumendo pose rampanti. Da notare la presenza di un cavallo visto da dietro che ricorda le composizioni di Pisanello o quelle di Paolo Uccello nelle sue battaglie dagli scorci arditi e dai finimenti e decori precisamente definiti. Lo stile del Brusasorzi è fantasioso, capace di creare suggestioni visive che superano le proporzioni e la rigorosità classica a favore dell’effetto di una realtà ricreata enfatizzata in un ordine compositivo luminoso.

   

 BIBLIOGRAFIA E FONTI

 - "Il corteo trionfale di Carlo V“ a cura di John T. Spike, editrice Quattroventi, 1999.

 - "Momenti essenziali dell'attività di Domenico Brusasorzi e semantica di un'opera" Marina Stefani Mantovanelli - Libreria universitaria Verona 1979

Comerio Agostino - 1816 Otto rametti incisi a contorno
Tipografia Tommasi di Verona.

http://www.lombardiabeniculturali.it/stampe/schede/G1050-00625/

Link per avere maggiori informazioni e scaricare le incisioni di Comerio